(La presente guida è apparsa anche sul sito dell’associazione Rete Genitori Rainbow e – in una diversa formulazione – anche sul sito Gaypost.it)

La maggior parte degli uomini e delle donne che hanno avuto figlie e figli da precedenti relazioni eterosessuali – e che si scoprono (o accettano) come persone omosessuali o transessuali – spesso si rivolgono a me troppo tardi.

Ovvero dopo aver concordato consensualmente con l’ex coniuge o partner delle condizioni di separazione e/o affido e mantenimento dei figli totalmente svantaggiose: per paura di non vedere più i propri figli e le proprie figlie, infatti, si accontentano delle “briciole” e/o accettano condizioni economiche particolarmente gravose.

I sensi di colpa nei confronti dell’ex partner e la paura che il proprio orientamento sessuale o identità di genere influiscano nella valutazione del Giudice circa l’affidamento e i tempi di permanenza con i figli, sono assolutamente comprensibili, ma per fortuna non sono supportati né dalla legge (che non potrebbe mai discriminare un genitore o valutarne le capacità sulla base del suo orientamento sessuale o identità di genere), né dalla Giurisprudenza, che anzi si è espressa in modo molto netto sul tema, e che in questa guida illustrerò brevemente.

È proprio di pochissimi giorni fa (16 settembre 2021) un’importante Sentenza della CEDU (Corte Europea dei Diritti dell’Uomo) che nel caso X contro Polonia (ric. 20741/10) afferma che revocare l’affidamento dei figli ad un genitore perché omosessuale è illecito e discriminatorio.

Infatti, “l’orientamento sessuale di un genitore non ha alcuna influenza sulla sua capacità di crescere e provvedere ad un bambino”.

Al di là di questo importantissimo provvedimento europeo, nei nostri Tribunali italiani si è formata negli anni una solida Giurisprudenza sul tema, secondo cui l’orientamento sessuale (o l’identità di genere) di uno dei genitori non è mai pregiudizievole per l’affidamento dei figli né può tantomeno giustificare l’affidamento esclusivo all’altro genitore.

Basti citare, a titolo di esempio:

  • Tribunale di Bologna, decreto del 7 luglio 2008 (pres. Ziniti, est. Costanzo): “In seguito all’entrata in vigore della Legge n. 54 del 2006, che ha previsto l’affidamento condiviso quale forma ordinaria di affidamento dei figli, la circostanza che uno dei due genitori sia omosessuale non giustifica e non consente di motivare la scelta dell’affidamento esclusivo”;
  • Tribunale di Genova, ordinanza del 30 ottobre 2013, (Pres. Scarzella – Rel. Viarengo): “L’omosessualità del genitore e la sua convivenza con persona dello stesso sesso non costituiscono motivo di modifica delle modalità di affidamento della prole da condiviso ad esclusivo”;
  • Tribunale di Nicosia, ordinanza del 14 dicembre 2010 (est. Dagnino): “La relazione omosessuale della madre non costituisce ostacolo all’affidamento condiviso dei minori ed alla individuazione della loro dimora presso l’abitazione della medesima”.

Sul punto si è espressa anche la nostra Suprema Corte che, con un’importante sentenza che ha successivamente aperto anche alle adozioni in coppie omogenitoriali, ha stabilito che “In tema di separazione personale dei coniugi, la circostanza che la famiglia in cui è inserito il minore in regime di affidamento esclusivo alla madre, sia composta da due donne legate da una relazione omosessuale, non appare di per sé rilevante in carenza di alcuna allegazione in ordine ad eventuali ripercussioni negative dell’ambiente familiare, sul piano educativo e della crescita del bambino; non può difatti darsi rilievo alcuno al mero pregiudizio che sia dannoso per l’equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale” (Corte di Cassazione, prima sezione civile, sentenza dell’8.11.2012 – 11.01.2013 n. 601, pres. Luccioli – est. De Chiara).

In realtà i Tribunali italiani sono andati oltre, stabilendo in diverse pronunce che l’atteggiamento eventualmente discriminatorio dell’altro coniuge può anzi determinare un’inidoneità di questi all’affidamento condiviso. Così, solo a titolo di esempio, ad esempio il Tribunale per i minorenni di Catanzaro, decreto del 27 maggio 2008 (pres. Blasco, est. Chiodo) secondo cui “Ai fini dell’affidamento del figlio naturale assume rilievo, insieme ad ulteriori elementi anche la manifesta omofobia del padre, comprovata dall’accusa alla madre di frequentare drogati e omosessuali”; tale dichiarazione non può che destare serie preoccupazioni poiché reca con sé una forte valenza discriminatoria ed offensiva (già l’associazione: drogati ed omosessuali”). Trattasi, sicuramente, di una condotta che dovrebbe essere estranea al genitore, il quale deve educare il figlio verso la tolleranza, la cultura della diversità e l’avversione verso ogni forma di odio razziale, motivo di censura non solo nelle sedi civili ma anche penali”.

È evidente, alla luce delle decisioni riportate, come sia possibile affrontare con serenità la separazione in coppia eterosessuale con figli, senza la paura che il proprio orientamento sessuale o identità di genere influiscano nella valutazione del Giudice circa l’affidamento e i tempi di permanenza con i figli stessi. Certamente per farlo nel migliore dei modi è importante affidarsi a legali che non solo non abbiano pregiudizi ma che siano anche specificatamente esperti in queste tematiche.

Vuoi difendere i tuoi diritti di genitore?

Recommended Posts